Condropatia femoro-rotulea – TrattaMIX UDINE – organizziamo e mettiamo a confronto TUTTE LE SOLUZIONI TERAPEUTICHE più efficaci per risolvere il problema
Lo scopo di questo articolo “condropatia femoro-rotulea” è di fornirvi le informazioni necessarie per scegliere consapevolmente un percorso terapeutico in grado di risolvere definitivamente la vostra condizione.
Innanzitutto, potreste chiedervi:
- Cosa s’intende per percorso terapeutico?
Per percorso terapeutico intendiamo quell’insieme di strategie e di interventi riabilitativi e/o medici che devono essere intrapresi per guarire da una determinata condizione clinica. Nel caso di condropatia femoro-rotulea, se lo scopo è quello di ottenere il miglior risultato possibile, sono generalmente necessarie più strategie, strutturate in modi e tempi ben precisi.
- Qual è la figura più indicata per organizzare e gestire il miglior percorso terapeutico possibile?
Per rispondere a questa domanda prenderemo in considerazione 3 punti di vista diversi: sanità pubblica, sanità privata, mondo reale.
- Sanità pubblica – rivolgersi al sistema sanitario nazionale, significa dare al proprio medico di medicina generale sia la responsabilità di indicare lo/gli specialista/i più indicato/i per approfondire ed affrontare la situazione, sia il compito di gestire, organizzare e prescrivere eventuali esami clinici/strumentali ed o terapie.
- Sanità privata – prendere questa direzione significa che sarete voi a scegliere i professionisti per affrontare la vostra problematica.
La realtà è che se non avete intenzione di aspettare il vostro turno per ottenere le prestazioni in regime convenzionato, inevitabilmente vi dovrete rivolgere ad un professionista in libera professione, e qualsiasi sia la decisione, bisogna sottolineare che la responsabilità per la scelta finale del percorso terapeutico è vostra, ed è in questo che vi verrà in aiuto l’articolo che state leggendo.
Va aggiunto a questo discorso che, uno degli obiettivi del testo che state leggendo è quello di consigliare di cominciare il vostro percorso di guarigione rivolgendovi ad un fisioterapista esperto. Si certo, siamo di parte, ma è proprio per questo che vale la pena ascoltare questo consiglio, perché conosciamo alla perfezione i pro e i contro dell’approccio fisioterapico/osteopatico. Siamo perfettamente consci che la fisioterapia non può risolvere tutti i problemi dell’apparato muscolo scheletrico ma, come capirete dai prossimi paragrafi, l’approccio manuale non solo è indispensabile se si desidera ottenere un risultato veramente soddisfacente, ma soprattutto lo è se l’obiettivo è una vera e duratura guarigione.
Inoltre, rivolgersi subito ad un medico specialista significa potenzialmente andare incontro a soluzioni invasive (come ad esempio un’artroscopia del ginocchio) o a soluzioni che migliorano la problematica solamente per un limitato periodo di tempo, senza che si risolva la condizione alla radice (ad esempio infiltrazioni di acido ialuronico o infiltrazioni di PRP – Plasma Ricco di Piastrine). Per essere chiari e trasparenti questo non rappresenta una sfiducia nella chirugia, ma la semplice consapevolezza che ogni professionista della salute conosce, valorizza e utilizza gli strumenti terapeutici in suo possesso, va da se quindi capire il ragionamento appena fatto.
Sintetizzando, per curare una condropatia femoro-rotulea non esiste una soluzione migliore delle altre, ma è necessario programmare un percorso terapeutico vincente: ciò significa che, a seconda delle caratteristiche del paziente e della sua condizione clinica, è opportuno combinare diverse terapie, sia di competenza medica che di competenza fisioterapica.
Ora procediamo gradualmente per capire a pieno il nostro pensiero.
COS’E’ UNA CONDROPATIA?
La condropatia è la degenerazione del tessuto cartilagineo di un’articolazione, ovvero di quella “spugna” che si trova tra due superfici articolari in contatto tra loro. La cartilagine è fondamentale per eliminare gran parte degli attriti e rendere fluido il movimento del nostro corpo.
Esistono principalmente quattro gradi per identificare la gravità di una condropatia:
- Grado 1: danno leggero a livello della cartilagine;
- Grado 2: usura in aumento e presenza di qualche piccola lesione cartilaginea;
- Grado 3: usura ingravescente con assottigliamento evidente della cartilagine;
- Grado 4: usura grave, zone in cui la cartilagine è talmente degenerata da lasciar esposto l’osso sottostante.
COME SI ORIGINA UNA CONDROPATIA?
Abbiamo scelto di scrivere questo paragrafo per aiutarvi a ragionare sulla vostra situazione clinica presente e passata, ed in particolare per permettervi di capire meglio quali potrebbero essere i meccanismi che hanno causato la vostra condropatia e conseguentemente quali potrebbero essere gli interventi terapeutici per voi più efficaci.
“Condropatia” è un termine medico generico, può infatti essere utilizzato per descrivere più articolazioni nel corpo, ma al tempo stesso specifico, in quanto non utilizzato nel linguaggio comune.
Ciò significa che, se state leggendo questo articolo e sapete che il vostro problema rientra in una condizione di “condropatia”, vi siete quasi sicuramente già rivolti ad un medico specialista per un dolore perdurante al ginocchio, ricevendo una diagnosi precisa, corredata probabilmente da un’indagine strumentale (RX o RM) che la conferma.
Tutto questo è un ottimo punto di partenza, ma questo dolore che vi portate avanti ormai da tempo, com’è nato?
Esistono principalmente due possibilità: il sintomo è insorto in modo improvviso o, al contrario, è comparso in maniera graduale nel tempo.
Analizziamo di seguito le due situazioni.
Dolore insorto in modo improvviso
Per capire bene questo primo caso vogliamo spiegarvelo con un esempio: mettetevi nei panni di un paziente che ha subito un trauma al ginocchio.
Dopo l’evento, vi aspettavate di guarire spontaneamente, ma siete migliorati solo un po’ e il dolore ad un certo punto si è stabilizzato. Con il passare dei giorni, avete cercato di convivere con i sintomi, accorgendovi però che andavano a limitare sempre di più le attività quotidiane. Così, avete deciso di rivolgervi ad uno specialista per trovare una soluzione.
Un altro esempio che rientra in questa categoria è il caso di un sovraccarico: in parole semplici, avete svolto un’attività eccessivamente stressante per il vostro ginocchio e da quel momento è apparso un dolore, il quale ha seguito lo stesso andamento descritto sopra.
In generale, quando un dolore insorge all’improvviso si tratta semplicemente di ragionare su un evento traumatico specifico (caduta, distorsione, incidente ecc) o su un evento stressante specifico (lunga camminata in montagna, allenamento troppo intenso ecc).
Entrambe queste situazioni rappresentano la stessa condizione: un ginocchio che si trovava già in difficoltà da tempo, ma che non manifestava particolari sintomi in quanto non sottoposto a stress importanti durante le attività della vita quotidiana.
A questo punto vi chiederete: per quale motivo il mio ginocchio era in difficoltà ancor prima della comparsa del dolore?
I motivi principali sono:
- TRAUMI PASSATI SUL GINOCCHIO, che sembravano risolti, in quanto l’articolazione non manifestava più sintomi, ma che in realtà avevano lasciato delle cicatrici che impedivano al ginocchio di muoversi correttamente, portando a microlesioni continue di alcune aree della cartilagine;
- ASIMMETRICA DISTRIBUZIONE DEL PESO DEL CORPO, ovvero lo squilibrio del carico su un arto inferiore rispetto al controlaterale causato ad esempio da posture asimmetriche mantenute durante l’attività lavorativa;
- TRAUMI PASSATI IN ALTRE PARTI DEL CORPO, come ad esempio su una spalla. In questo caso, è proprio il dolore alla spalla conseguente al trauma che causa un cambiamento della postura del corpo, spostando il peso tendenzialmente sull’arto controlaterale alla lesione e causando quanto descritto al punto precedente. La stessa cosa può accadere ad esempio dopo una distorsione alla caviglia: in questo caso, oltre al passaggio di peso su un lato del corpo, si ha anche una perdita della funzione di ammortizzazione dei carichi durante il cammino.
Per comprendere al meglio questo ultimo concetto, immaginate gli arti inferiori come delle molle che, ad ogni vostro passo, trasmettono e ammortizzano le vibrazioni del terreno verso l’alto. I punti di scarico di queste vibrazioni sono le vostre articolazioni (caviglie, ginocchia, anche), perciò, se anche solo una di esse è irrigidita a causa di un trauma, tutto il sistema si scompensa e perde parzialmente la sua efficacia. Da una semplice distorsione di caviglia quindi, si genera una catena di scompensi, prima sugli arti inferiori durante il cammino, e successivamente sulla colonna vertebrale fino al capo, creando uno squilibrio della postura di tutto il corpo, che si rifletterà in parte anche sul vostro ginocchio, mettendolo in difficoltà.
Ci teniamo a sottolineare che questi sono solo alcuni esempi di possibili motivazioni che possono provocare una debolezza a livello del ginocchio, la quale a sua volta potrebbe portare all’insorgere di una condropatia femoro-rotulea.
Dolore insorto in modo graduale
In questa seconda casistica facciamo riferimento a quanto abbiamo appena raccontato, senza però la presenza di specifici o evidenti eventi stressanti in grado di evidenziare una sintomatologia.
Ad esempio, pensate ad una persona che, durante l’attività lavorativa, scarica più peso sull’arto inferiore destro: nei primi anni percepirà solo una rigidità maggiore sul lato destro rispetto al sinistro; con il passare del tempo però, potenzialmente questo squilibrio potrebbe portare ad un sovraccarico del ginocchio ed usura della cartilagine che tenderanno ad aumentare gradualmente.
Lo stesso discorso vale ad esempio se quel ginocchio ha subito traumi in passato, se la caviglia di quell’arto inferiore ha subito una distorsione o se coesistono più traumi nella storia clinica della persona.
Abbiamo quindi capito che, nei casi di condropatia dove il dolore insorge in modo graduale, possono esserci svariate cause alla base, le quali non differiscono molto dai casi in cui il dolore al ginocchio insorge all’improvviso, se non per l’ultimo trauma che scatena il sintomo.
Ora facciamo un passo in avanti, e distinguiamo i due casi possibili all’interno di questa categoria:
- 1. Casi in cui il ginocchio è ECCESSIVAMENTE MOBILE e quindi INSTABILE;
- 2. Casi in cui il ginocchio è COMPRESSO.
1. Situazione di ipermobilità e instabilità
Un esempio può essere un ginocchio che ha subito una lesione del legamento crociato anteriore la quale, o per scelta, o perché non dava particolari sintomi, non è stata trattata chirurgicamente. In questo caso, l’instabilità data dalla mancata efficienza del legamento crociato porta a continui movimenti scorretti dell’articolazione che, via via nel tempo, vanno a lesionare ed usurare la cartilagine.
Lo stesso meccanismo può verificarsi anche senza traumi importanti al sistema legamentoso del ginocchio: come succede ad esempio nei soggetti che, per attività lavorative o sportive, subiscono tante piccole distorsioni, le quali provocano un’instabilità articolare via via sempre maggiore nel tempo.
2. Situazione di compressione
Qui parliamo di tutte quelle situazioni dove si ha un aumento del carico sul ginocchio, causato o per uno squilibrio generale della postura verso un lato del corpo o ad esempio per uno squilibrio della muscolatura dell’arto inferiore. In altre parole, si tratta di persone che, per particolari attività lavorative o sportive, rinforzano molto i muscoli anteriori della coscia a discapito di quelli posteriori, creando una trazione della tibia verso il femore e aumentando così l’attrito tra le due superfici articolari (ricordiamo che tibia e femore, insieme alla rotula, creano l’articolazione del ginocchio).
Un esempio concreto di compressione è il lavoro del piastrellista dove si passa molte ore in una posizione in cui la rotula viene compressa contro le altre superfici articolari, creando attrito e microlesioni della cartilagine e delle altre strutture molli contenute all’interno dell’articolazione.
QUALI SONO LE POSSIBILI SOLUZIONI?
Prima di costruire e organizzare un percorso terapeutico, cerchiamo di capire quali sono le soluzioni proposte più frequentemente nei casi di condropatia femoro-rotulea e in quali situazioni possono rivelarsi utili.
Terapia manuale
La terapia manuale è una tecnica riabilitativa indispensabile per individuare tutte le aree in cui il tessuto fasciale (o tessuto connettivo) si è irrigidito per poi cercare di ripristinare la sua elasticità e mobilità.
Ma nello specifico, cos’è il tessuto fasciale?
Il tessuto fasciale è quell’insieme di membrane che riveste ogni struttura del nostro corpo, sia a livello macroscopico (ovvero muscoli, ossa, nervi, vasi, organi ecc) sia a livello microscopico (ad esempio le singole fasce muscolari che compongono un muscolo o anche le singole cellule che compongono ogni fascio muscolare).
Tutte queste membrane di tessuto connettivo proteggono esternamente le diverse strutture, separano le loro varie parti e al tempo stesso le uniscono, creando una serie di strati sovrapposti che scorrono in modo fluido uno sull’altro, favorendo il movimento di tutto il corpo.
Immaginate di indossare una muta da sub, aderente e compatta, ma anche morbida e avvolgente: questo è paragonabile al tessuto fasciale.
Questo tessuto, a causa di traumi, infiammazioni, lesioni, interventi chirurgici ecc tende a irrigidirsi, ostacolando il naturale movimento del corpo e portando, nel tempo, ad un sovraccarico di alcuni muscoli e all’indebolimento dei loro antagonisti, con conseguente usura delle cartilagini articolari.
Ricollegando quanto detto finora, proprio l’irrigidimento del tessuto fasciale può essere considerato uno dei meccanismi iniziali della condropatia femoro-rotulea.
Tecar terapia
Un altro intervento fisioterapico che viene effettuato molto spesso in caso di condropatia femoro-rotulea è la Tecar Terapia.
Essa risulta efficace nel ridurre il dolore e rilassare in particolare i grandi muscoli, come ad esempio il quadricipite (muscolo anteriore della coscia).
Riprendendo per un attimo il discorso di compressione e ipermobilità/instabilità, la Tecar può migliorare entrambe le situazioni in quanto nel primo caso agisce rilassando il quadricipite, il quale creava la compressione a livello del ginocchio, mentre nel secondo caso, sempre rilassando il muscolo, lo rende meno dolente e più efficiente nel limitare i movimenti instabili dell’articolazione.
La Tecar in sostanza non è una terapia curativa per la condropatia, ma può donare sollievo alla persona e rendere il ginocchio più efficace durante il movimento.
Al tempo stesso, è giusto sottolineare che il risultato che si ottiene con diverse sedute di Tecar Terapia, si può ottenere più rapidamente grazie al lavoro di un terapista manuale esperto, e ci teniamo a sottolineare ESPERTO.
Inoltre, la macchina può lavorare su un singolo muscolo alla volta, mentre il terapista nel corso di una seduta può manipolare gran parte dei muscoli contratti, ripristinando l’equilibrio di tutto il sistema muscolo-scheletrico.
Con queste parole, vi potrà sembrare un percorso lungo e complicato ma, come scritto in questo articolo, non è così. Inoltre, con un percorso di terapia manuale non si va soltanto a rilassare un muscolo, ma si mobilizza tutti gli strati fasciali e muscolari, favorendo la vascolarizzazione e il drenaggio delle tossine in quell’area, ma soprattutto eliminando le cause per le quali quella struttura risultava contratta.
Laser terapia
Un altro strumento che può essere utilizzato dal fisioterapista nei casi di condropatia è la Laser Terapia.
In realtà, esistono differenti tipologie di Laser: noi vi parleremo del Laser Yag, strumento che utilizziamo quotidianamente con i nostri pazienti in studio.
Per alcuni aspetti assomiglia alla Tecar, in quanto lavora per effetto chimico sulle cellule. Può anche essere utilizzato allo stesso modo, ovvero puntandolo su un muscolo per rilassarlo, ottenendo anche qui risultati poco duraturi.
D’altra parte, il Laser ha una potenzialità che la Tecar non ha: può lavorare direttamente sulla cartilagine articolare.
In particolare, può essere indirizzato direttamente sul punto lesionato della cartilagine, (che noi in studio evidenziamo grazie all’utilizzo dell’ecografo) e, se utilizzato in modo mirato, si potranno ottenere ottimi risultati nel giro di pochissime sedute.
L’utilizzo così preciso su una superficie ridotta ci consente di usarlo all’interno di ogni seduta di terapia manuale, in quanto, a differenza della Tecar, il Laser dura soltanto pochi minuti.
Acido ialuronico
L’acido ialuronico è un liquido lubrificante che, nei casi di condropatia, viene iniettato all’interno dell’articolazione tramite infiltrazioni periodiche allo scopo di ridurre l’attrito tra le superfici articolari.
Anche in questo caso il problema non viene curato, ma il risultato è comunque notevole: il ginocchio può muoversi più liberamente sia per la diminuzione dell’attrito, sia per la migliore ammortizzazione dell’arto inferiore sul terreno, la quale porta anche ad un miglior funzionamento della muscolatura e un minor dolore.
E’ bene ricordare però, che questa terapia dev’essere ripetuta nel tempo, solitamente almeno 2 volte l’anno, in quanto l’acido ialuronico viene riassorbito dal nostro organismo con il passare dei mesi.
Bisogna sottolineare inoltre che molti pazienti rifiutano questa terapia, considerandola alla stregua di un farmaco: in realtà non è proprio così, perché l’acido ialuronico è un liquido lubrificante presente naturalmente all’interno delle nostre articolazioni.
PRP (Plasma arricchito di piastrine)
Questa terapia consiste nell’iniezione di plasma arricchito di piastrine all’interno dell’articolazione.
Il plasma viene prelevato dal sangue del paziente, dopo essere stato centrifugato al fine di suddividerNe i vari componenti.
Il PRP favorisce la cicatrizzazione della cartilagine e svolge un effetto antinfiammatorio nella zona interessata.
Purtroppo, molti studi scientifici evidenziano che, specialmente se utilizzato come unico strumento terapeutico per risolvere una condropatia, risulta fallimentare nella maggior parte dei casi.
Non essendo il nostro campo di studio e applicazione, non vogliamo darvi un’opinione riguardo all’efficacia della tecnica, ma ci sentiamo di dire che, ragionando su quanto scritto finora, il limite del PRP è il medesimo delle altre tecniche sopraindicate: riduce i sintomi e stimola in parte la cicatrizzazione della cartilagine, ma non incide sul meccanismo che ha causato la condropatia e, per questo, non risulta efficace nel tempo.
Artroscopia del ginocchio
Lo scopo di questo intervento è di favorire la cicatrizzazione della cartilagine.
La tecnica viene eseguita da un chirurgo ortopedico, il quale introduce una sonda all’interno dell’articolazione per valutare quali sono le aree degenerate e rimuoverle.
Anche in questo caso, il limite è agire solamente sulla degenerazione, senza preoccuparsi della causa per cui questa lesione si è formata e strutturata nel tempo, lasciando sempre spazio alla possibilità che il problema si ripresenti nuovamente.
Rieducazione motoria
L’ultimo intervento terapeutico che viene consigliato è la rieducazione motoria, seguita da un fisioterapista che si occupa in modo specifico di questo settore o da un laureato in scienze motorie.
Lo scopo è ripristinare gli schemi motori corretti, inevitabilmente persi a causa del dolore al ginocchio, o ancor prima dell’insorgenza dei sintomi (e quindi come causa degli stessi).
In questi casi sarà fondamentale un lavoro di rinforzo e riequilibrio muscolare: ricordiamo che i muscoli si attivano in gruppi muscolari ben precisi a seconda del movimento che si vuole compiere; inoltre, per ogni gruppo muscolare esiste il suo gruppo di muscoli antagonisti, che ha funzione opposta. Con la ripetizione di schemi motori scorretti alcuni gruppi muscolari si rinforzano eccessivamente per opporsi al dolore e all’instabilità del ginocchio, e di conseguenza altri si indeboliscono.
Per questo motivo, un lavoro attivo di riequilibrio muscolare è fondamentale all’interno di un percorso terapeutico, e nei prossimi paragrafi capiremo quando e come svolgerlo correttamente.
COME ORGANIZZARE IL PERCORSO TERAPEUTICO
Per ottenere il miglior risultato possibile, potete seguire due strade: la prima è una strada ideale, mentre la seconda è una strada più realistica e concreta.
Percorso terapeutico ideale
Per strada ideale intendiamo un percorso terapeutico perfetto per chi ha poco tempo e una buona disponibilità economica. Si presenta in tre fasi: la prima fase comprende la terapia manuale, l’acido ialuronico e la Laser terapia. La seconda fase è rappresentata dalla rieducazione motoria, mentre la terza e ultima fase comprende l’artroscopia del ginocchio.
1. Prima fase
La TERAPIA MANUALE ha un duplice scopo:
- Recuperare il corretto equilibrio posturale, liberando tutte le aree fasciali rigide presenti sul corpo che alterano il movimento e portano ad un sovraccarico del ginocchio in difficoltà;
- Ripristinare la funzionalità di tutto il sistema muscolare, in modo tale da bilanciare tutte le forze che si scaricano sul ginocchio (ad esempio i vasti del quadricipite che, se sbilanciati, possono portare ad uno scorretto allineamento della rotula sul femore).
In parallelo alla terapia manuale è possibile utilizzare infiltrazioni di ACIDO IALURONICO che, come scritto in precedenza, risulta utile per diminuire l’attrito tra le superfici articolari e favorire la rigenerazione della cartilagine.
Di seguito o in parallelo alle altre due terapie è possibile utilizzare la LASER TERAPIA per un effetto antinfiammatorio e cicatrizzante sui punti lesionati della cartilagine articolare.
2. Seconda fase
La seconda fase, ovvero il percorso di rieducazione motoria, può cominciare quando il dolore è scomparso o diminuito. Comprendiamo anche i casi dove la sintomatologia non è scomparsa del tutto, in quanto, nei casi di condropatia grave, il dolore può permanere a causa di un lungo periodo di inattività nel quale la muscolatura dell’arto inferiore in questione ha perso la sua efficacia.
In questi casi la migliore strategia terapeutica, al fine di migliorare la stabilità del ginocchio, rinforzare la muscolatura e ripristinare un corretto assetto posturale, diventa proprio l’attività motoria.
3. Terza fase
La terza fase comprende l’artroscopia del ginocchio: essa si rende necessaria nel momento in cui la seconda fase è impossibile a causa del dolore o dove anche l’attività motoria fallisce, ovvero in quei casi in cui la degenerazione della cartilagine è talmente avanzata da rendere inevitabile un intervento chirurgico.
Parliamo idealmente di tutte queste terapie (e sono solo un esempio di possibile percorso) perché, integrandole insieme, si rischia di fare più del necessario, spendendo molto e rischiando di effettuare interventi non indispensabili al fine di raggiungere il migliore risultato possibile.
Percorso terapeutico realistico
Ora ragioniamo invece sulla strada più realistica e concreta, che è anche quella che noi consigliamo e attuiamo in studio.
Ogni singolo passaggio viene svolto consecutivamente o in parallelo, ma in ogni caso sempre dopo aver valutato i progressi di ogni terapia.
I primi passaggi sono identici: si comincia inevitabilmente con la terapia manuale per liberare il tessuto fasciale e ridurre il dolore. Successivamente, in base all’entità dei miglioramenti, si sceglie con quali terapie proseguire.
Una volta visti i primi risultati ottenuti grazie alla terapia manuale, nel nostro studio adottiamo la Laser Terapia, per velocizzare la guarigione e favorire la cicatrizzazione del tessuto cartilagineo.
Le nostre sedute di Laser sono molto brevi e facili da inserire all’interno di una seduta di terapia manuale (senza sovrapprezzo). Inoltre sono molto mirate, in quanto utilizziamo l’ecografo per osservare quale porzione della cartilagine è più alterata e sarà quindi da trattare con maggiore attenzione.
Va sottolineato come il Laser cominci ad agire già dopo la prima seduta e in solitamente sono necessarie 4/5 sedute per raggiungere ottimi risultati.
In quanto fisioterapisti, la terza fase da noi proposta è ovviamente la rieducazione motoria.
Al tempo stesso, quando notiamo che i risultati non sono abbastanza soddisfacenti, capiamo che procedere con l’attività motoria potrebbe rischiare di creare sovraccarichi e di far regredire la sintomatologia, con conseguente insoddisfazione del paziente.
In questi casi, consigliamo prima di rivolgersi ad un medico specialista per valutare se è necessario effettuare un ciclo di infiltrazioni di acido ialuronico, allo scopo di favorire il percorso di rieducazione motoria.
Una volta conclusa anche questa (eventuale) terapia, il sintomo può essere scomparso del tutto o talmente lieve da non costituire un ostacolo per ricominciare a muoversi in sicurezza.
La domanda che potrebbe sorgervi è: se il mio sintomo è scomparso, e quindi mi sento bene, perché devo cominciare un’attività motoria?
La parte attiva del percorso terapeutico resta fondamentale in ogni caso, perché:
- A causa del dolore, avrete quasi sicuramente cominciato a muovervi sempre di meno e con schemi motori scorretti, indebolendo alcuni gruppi muscolari e sovraccaricando i loro antagonisti;
- Il dolore stesso che avete provato per diverso tempo sul ginocchio ha portato la vostra muscolatura ad indebolirsi ulteriormente;
- Molto probabilmente la condropatia è iniziata anche a causa di un sistema muscolare debole.
L’attività motoria diventa quindi indispensabile sia per eliminare definitivamente il dolore, sia per rinforzare e riequilibrare tutta la muscolatura al fine di migliorare la qualità della propria vita e prevenire la ricomparsa dei sintomi in futuro.
In ultimo, nei casi in cui tutto ciò non bastasse, come scritto sopra il consiglio è di rivolgersi ad un chirurgo ortopedico per valutare la possibilità di un’artroscopia del ginocchio.
PERCHE’ E’ INDISPENSABILE LA TERAPIA MANUALE?
Abbiamo descritto la terapia manuale come punto di partenza: in realtà sarebbe giusto considerarla come l’anello di congiunzione all’interno di tutto il percorso terapeutico.
Ricordando sempre che ognuno è libero di scegliere le terapie che più preferisce, noi crediamo nell’importanza della terapia manuale perché, senza di essa, gli altri passaggi perdono di significato.
Cerchiamo di spiegarci meglio con degli esempi.
Primo esempio: una persona sceglie le infiltrazioni di acido ialuronico. Trova un certo beneficio perché, come sostanza lubrificante, gli permette di muovere meglio il ginocchio, con minor attrito e quindi minor dolore. Al tempo stesso, il paziente è costretto a ripetere il trattamento ogni 6 mesi con costanza negli anni e in parallelo percepisce un lieve ma costante peggioramento dei sintomi, in quanto questa terapia non porta ad una risoluzione del problema.
Secondo esempio: una persona sceglie la Laser terapia. Anche qui avrà dei benefici perché il laser ha un effetto antidolorifico, antinfiammatorio e cicatrizzante ma al tempo stesso non agisce in nessun modo sul meccanismo che ha provocato la condropatia. Inoltre, se non utilizzato in parallelo alla terapia manuale come da noi proposto in studio, necessita generalmente di 10-15 sedute per dare risultati, nonché della ripetizione ciclica del percorso nel tempo.
Terzo esempio: una persona sceglie l’attività motoria. In questo caso, diventa spesso controproducente allenare un ginocchio prima di aver liberato il sistema muscolare e fasciale con la terapia manuale, sia perché nella maggior parte dei casi i sintomi stessi non lo permettono, sia perché si rischia di sovraccaricarlo andando a peggiorare il dolore, l’infiammazione e il grado della condropatia stessa.
Quarto esempio: una persona sceglie l’approccio chirurgico. Anch’essa agisce sul problema specifico di degenerazione della cartilagine, ma non sulla causa che l’ha creata. Inoltre:
- Agendo in modo invasivo sulla cartilagine al fine di favorire la cicatrizzazione, porta anche ad una fase infiammatoria importante che indebolisce tutti i tessuti molli del ginocchio;
- La fase di immobilità post intervento, per quanto breve, indebolisce la muscolatura. Non a caso, il medico specialista consiglia di cominciare con la rieducazione motoria prima possibile, il che ci riporta al terzo esempio: se non effettuo prima il percorso di terapia manuale, il corpo non è libero di muoversi correttamente e può andare incontro a sovraccarico del ginocchio e peggioramento dei sintomi.
Ricordiamo infine che, per noi fisioterapisti, non è così raro incontrare pazienti che hanno effettuato più interventi di “pulizia” sullo stesso ginocchio: per questo, crediamo che l’intervento chirurgico non sia da sconsigliare a priori, ma da prediligere quando tutte le altre terapie conservative non hanno fornito i risultati sperati.
Concludiamo l’articolo, ricapitolando i passaggi del percorso terapeutico, a nostro parere, perfetto per guarire da una condropatia femoro-rotulea:
- TERAPIA MANUALE;
- Laser terapia (più eventuale infiltrazioni di acido ialuronico quando necessario);
- Rieducazione motoria;
- Intervento chirurgico, nei casi gravi in cui i passaggi precedenti non siano praticabili o non abbiano fornito risultati apprezzabili (NB: a seguito dell’intervento chirurgico, seguire il percorso terapeutico nei punti 1, 2 e 3).
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