Fibromialgia sintomi neurologici – una SEMPLICE e COMPLETA spiegazione del perché i pazienti con fibromialgia sentono così tanto dolore – Studio TrattaMIX
Fibromialgia sintomi neurologici – Presto o tardi, alcuni dei pazienti con fibromialgia cominciano a pensare di essere pazzi e di inventarsi il loro stesso dolore. In questo articolo vi spiegheremo perché non è così.
2 importanti concetti base: i tipi di dolore e il sistema nervoso autonomo
Fibromialgia sintomi neurologici – Nei paragrafi successivi ricostruiremo l’intero percorso neurologico del dolore e cercheremo di spiegarvi i motivi per cui i pazienti con fibromialgia percepiscono così tanti sintomi e non riescono ad uscire dalla situazione difficile in cui si trovano.
Prima di tutto però, evidenziamo e spieghiamo due semplici concetti che, se tenuti a mente durante la lettura, vi aiuteranno a comprendere meglio l’intero articolo.
1 – Esistono 3 tipologie di dolore:
- Dolore nocicettivo – si manifesta quando si attivano i recettori periferici, situati sulla superficie del nostro corpo
- Dolore neuropatico – si manifesta quando è presente una lesione periferica del sistema nervoso
- Dolore nociplastico – consiste in un’alterazione temporanea del sistema nervoso centrale. In questo caso, la persona inizia a sentire più dolore del dovuto e a sperimentare un’alterata percezione tattile, ovvero per esempio a percepire dolore anche con un gesto delicato come una carezza.
2 – Tutti i processi automatici (o non coscienti) del nostro corpo sono gestiti dal sistema nervoso autonomo, il quale si differenzia in:
- Sistema simpatico – responsabile delle reazioni di attacco e fuga, e quindi di tutte le attività che vanno ad eccitare il corpo, e che richiedono quindi movimenti veloci, istintivi ed energici.
- Sistema parasimpatico – responsabile di tutte le attività che portano benessere, rigenerazione e rilassamento del corpo.
Chiariti questi primi concetti, passiamo a descrivere la strada che il dolore percorre dalla periferia del corpo alla corteccia cerebrale, così da comprendere anche in che modo e perché talvolta lo sperimentiamo.
Come e PERCHE’ il sistema nervoso autonomo modula il dolore
Tenendo presente quanto scritto in precedenza, dobbiamo considerare che in tutto il nostro corpo è presente un altissimo numero di recettori (immaginabili come pulsanti on-off), i quali, se attivati, generano uno stimolo dolorifico.
Questo stimolo, una volta innescato, risale dalla periferia fino a raggiungere un’area situata tra il midollo spinale e il cervello, e a questo livello il segnale si sdoppia. Una parte delle informazioni dolorifiche procede verso determinate aree della corteccia cerebrale che hanno il compito di farci percepire coscientemente il dolore come un segnale d’allarme, mentre l’altra parte raggiunge altre aree cerebrali che hanno il compito di rielaborarlo e “legarlo” alla componente emotiva della persona.
Tutto il processo libera diverse sostanze chimiche, alcune delle quali portano ad un aumento della percezione del dolore, mentre altre portano ad una sua riduzione.
Ma chi regola tutto questo? Il responsabile della modulazione della parte di segnale dolorifico collegata alla nostra componente emotiva è il sistema nervoso autonomo. In particolare, quando si prova dolore significa che c’è un’attivazione del sistema simpatico che, come precedentemente detto, è responsabile delle reazioni di attacco e fuga.
A questo punto vi starete chiedendo il perché di tutto questo.
Provate per un attimo ad immaginare il corpo di un uomo preistorico, molto simile al nostro. Nel suo caso, le reazioni di stress legate all’attivazione del sistema simpatico sono vitali. Egli ha bisogno che il sangue si sposti rapidamente al cervelletto per pianificare i movimenti e ai muscoli per contare su una reazione rapida ed efficace di difesa e/o di fuga nei confronti dell’aggressore. Le molecole chimiche prodotte e liberate in questa fase quindi sono indispensabili per garantire la sopravvivenza, anche se allo stesso tempo comportano come effetto collaterale una maggiore sensibilità al dolore.
Oggi, il nostro sistema simpatico funziona allo stesso modo, attivandosi in ogni situazione considerata come pericolosa o stressante.
Ora consideriamo lo stesso uomo preistorico una volta superato il pericolo. A questo punto, ci sarà un’attivazione del sistema parasimpatico, il quale si occuperà prevalentemente della rigenerazione del corpo, spostando il sangue, contenente ossigeno e sostanze nutritive, verso gli organi. A livello chimico, verranno prodotte e liberate altre molecole, differenti da quelle prodotte durante l’attivazione delle meccaniche attacco/fuga, che comporteranno il raggiungimento di uno stato di profondo rilassamento.
Non a caso, ancora oggi, dopo una grande fatica o una giornata particolarmente stressante, il nostro corpo è stanco, ci chiede di riposare e di concentrare tutte le energie rimaste nel recupero e nella rigenerazione.
ATTENZIONE SPOILER: è stato provato da studi recenti che il paziente con fibromialgia presenta una problematica temporanea del sistema nervoso centrale collegata al dolore nociplastico, ovvero alla modulazione chimica del dolore stesso. In altre parole, nella fibromialgia viene perso un corretto equilibrio tra le funzioni del sistema simpatico e del sistema parasimpatico.
Cerchiamo ora di capire come e perché questo avviene.
Ricerche medico-scientifiche
Partiamo dai dati evidenziati dai più autorevoli studi scientifici in merito:
- Vita quotidiana – La maggior parte dei pazienti con fibromialgia vive da lungo tempo innumerevoli eventi stressanti nella sua quotidianità, a causa dei quali il sistema simpatico prevale sul sistema parasimpatico.
Per comprendere meglio, è importante sottolineare come normalmente, a seguito di un evento stressante, è presente una fase di rilassamento ma, perché quest’ultima sia efficace, è necessario che l’evento stressante sia molto importante. Questo perché la profondità del rilassamento è direttamente proporzionale all’intensità dell’evento stressante.
Nella nostra quotidianità invece, e ancor di più in quella dei pazienti con fibromialgia, è molto facile che siano presenti microeventi stressanti ripetuti che non portano mai ad un successivo stato di profondo rilassamento, ovvero ad un momento in cui il sistema parasimpatico è in grado di produrre tutte quelle sostanze chimiche utili per la rigenerazione e la guarigione del corpo. L’inevitabile conseguenza è una quasi costante attivazione del sistema simpatico ed un parziale inibizione del sistema parasimpatico. - Eventi traumatici – La maggior parte dei pazienti con fibromialgia ricorda che l’inizio della sintomatologia coincide con un forte evento traumatico, nella maggior parte dei casi fisico (ad esempio traumi al sistema muscolo-scheletrico, interventi chirurgici, infiammazioni importanti a livello articolare o viscerale), ed in alcuni casi emotivo.
- Alimentazione – La maggior parte dei pazienti con fibromialgia presenta gravi disturbi legati all’alimentazione e al sonno. In particolare, è stato riscontrato come il dolore cronico e lo stress provato da questi pazienti, influisca negativamente sulle abitudini alimentari o che, al contrario, precedenti disturbi alimentari contribuiscano all’aggravamento della malattia.
- Sonno – Diversi studi confermano come la presenza di disturbi quali insonnia, sonnolenza diurna e sonno agitato siano molto frequenti in pazienti con fibromialgia, tanto da poter essere classificati come uno dei sintomi principali e più invalidanti.
Da fisioterapisti esperti nel settore, in aggiunta a questi dati, abbiamo osservato che la quasi totalità dei nostri pazienti presentava una situazione muscolo-scheletrica delicata già prima della comparsa della fibromialgia. In altre parole, nella loro storia clinica erano già presenti diversi traumi che alteravano profondamente la postura, la mobilità e l’equilibrio del corpo, anche se in alcuni casi (precedentemente all’insorgenza della fibromialgia) non erano presenti eccessivi sintomi dolorosi, il che è spiegabile dal fatto che tutti prediligevano una vita sedentaria, la quale permetteva di non creare ulteriori stimoli traumatici e irritanti per il corpo, che di conseguenza non affaticandosi troppo non dava segni dolorosi.
Perché il paziente con fibromialgia non riesce a guarire?
Proviamo ora ad unire tutti i puntini, mantenendo viva la consapevolezza che il tutto vada sempre adattato, in particolar modo nella fibromialgia, alle diverse situazioni che ogni paziente vive. Questo perché, come avrete certamente capito, questa malattia è sicuramente molto complessa da affrontare, a causa dei molteplici fattori che la influenzano e che la differenziano da qualsiasi altro disturbo al sistema muscolo-scheletrico.
Ora provate a pensare quello che a noi, con la nostra esperienza, viene facile notare: la fibromialgia è una problematica che non nasce in un solo giorno e senza motivo ma, al contrario, cresce lentamente fino ad arrivare, con il passare del tempo, ad un punto in cui i sintomi prendono il sopravvento e uscirne sembra impossibile.
Immaginate una persona che, come tutti, con il passare degli anni accumula qualche trauma a livello dell’apparato muscolo-scheletrico, uno o più interventi chirurgici e/o delle infiammazioni viscerali importanti. Tutti questi eventi portano inevitabilmente il suo corpo ad irrigidirsi, in particolare a livello del tessuto connettivo, ovvero quel sottile vestito elastico che riveste ogni parte del nostro corpo sia dal punto di vista macroscopico (muscoli, organi interni, ossa, nervi, vasi sanguigni, ecc.) sia da quello microscopico, a livello di ogni singola cellula.
Per comprendere meglio, dovete immaginarvi in un negozio di vestiti, intenti a scegliere quali capi acquistare per la prossima vacanza. Alcuni vestiti saranno leggeri, morbidi, adatti al vostro corpo mentre altri risulteranno stretti, rigidi e fastidiosi. Nel primo caso vi immaginerete liberi di effettuare qualsiasi movimento, dal semplice stare in piedi all’interno di un museo fino al correre, saltare e arrampicarvi in alta montagna. Nel secondo caso invece, vi risulterà difficile muovere anche solo un braccio o una gamba e già capirete di dover rinunciare a fare ciò che avevate in mente. Il tessuto connettivo funziona come questi vestiti: quando è sano, è un tessuto morbido ed elastico che ci protegge ma che allo stesso tempo ci permette di muoverci come vogliamo. Quando è lesionato, risulta rigido e tende ad ostacolare i nostri movimenti provocando dell’attrito tra i suoi diversi strati. In sostanza quindi, come in negozio sceglierete di acquistare i vestiti che più vi fanno sentire liberi e felici, così è importante che il vostro tessuto connettivo si mantenga sano e non vi provochi fastidi o dolore.
Tornando al nostro esempio, abbiamo detto che a causa di diversi traumi il tessuto connettivo del nostro paziente si è irrigidito. Di conseguenza, la persona inizia a consumare più energie per muoversi, ed alcune normali attività della vita quotidiana si trasformano in sforzi “eccessivi”, provocando affaticamento e la comparsa di qualche piccolo dolore.
In questa fase, il paziente inizia a condurre una vita più sedentaria ma tende a non preoccuparsi ancora della situazione, dato che adeguati periodi di riposo gli permettono di ridurre rapidamente le infiammazioni e i dolori provati. Nel frattempo però, il sistema nervoso simpatico (reazioni attacco-fuga), stressato dai normali eventi quotidiani e dal dolore, comincia a prendere il sopravvento sul sistema nervoso parasimpatico (momenti di rigenerazione).
Ricordiamo inoltre che uno degli effetti collaterali della cascata chimica innescata dall’attivazione del sistema simpatico è un’alterazione del sonno, la quale comporta ancora più debolezza per il corpo della persona.
A questo punto, il paziente entra inevitabilmente in una spirale disastrosa: più il tempo passa, minore è la voglia di fare movimento, peggiore è il riposo, maggiore è la rigidità del corpo, minore è il tono muscolare e più frequente è la percezione di dolori muscolo-scheletrici. Conseguentemente a tutto questo, cala anche il tono dell’umore.
In poche parole, più il tempo passa, più la persona si trova in difficoltà e, trattandosi di un insieme di problematiche che riguardano più campi, anche cercandola gli risulta difficile trovare una soluzione globalmente efficace.
E’ proprio qui che il sistema nervoso comincia a sensibilizzarsi e il dolore nociplastico comincia silenziosamente a comparire.
Ciò che si vede è un corpo molto sensibile e debole. Con “debole” intendiamo in primis un corpo che, in occasione di un trauma importante, non trova strategie efficaci per proteggersi e per superarlo, in quanto, essendo diventato troppo rigido non riesce ad assorbire e distribuire efficacemente l’energia meccanica derivata dall’impatto, e si trova quindi a lesionarsi gravemente in diverse aree. Ma con “debole” intendiamo anche un corpo con un basso tono muscolare, che trova difficile rimettersi in moto, riprendere a muoversi e che, per questo, si trova a dover gestire uno stato infiammatorio persistente, il quale a sua volta porta ad un’irritazione periferica del sistema nervoso, ovvero a dolore neuropatico. Arrivati a questo punto, la situazione del paziente è tragica e lui stesso ammette la totale assenza di soluzioni, cosa che gli provoca uno stato depressivo importante.
In un quadro come quello appena descritto, il dolore nociplastico fa da padrone, aumentando la percezione del dolore presente.
Riassumendo quindi, il paziente si trova al buio in un labirinto disseminato di ostacoli.
Tutti noi capiamo che non esiste un pulsante magico per uscirne, ma al tempo stesso, come vedremo nel prossimo paragrafo, sappiamo e vogliamo condividere con voi delle strategie per affrontare questa situazione.
Perché e quando la fisioterapia è la soluzione vincente?
Come abbiamo ormai ben capito, i tre aspetti fondamentali sui quali si costruisce la fibromialgia sono:
- Alterazione motoria e del sistema muscolo-scheletrico
- Alterazione emotiva / psicologica e del sistema neurologico
- Alterazione chimica e del sistema metabolico.
Affinché la fibromialgia si strutturi, sono necessarie tutte queste alterazioni insieme, anche se inevitabilmente in ogni singolo paziente una risulterà più importante delle altre, portando così ad una vasta combinazione di sintomi tra le diverse persone e conseguentemente saranno necessarie strategie terapeutiche molto diverse tra loro per risolvere il problema. In ogni caso, resta evidente come i pazienti che decideranno di affrontare in maniera efficace tutti questi aspetti, senza tralasciarne alcuno, saranno anche coloro che gestiranno al meglio la fibromialgia.
Nell’ampia gamma di trattamenti proposti, la fisioterapia diventa quindi un’arma fondamentale per combattere la fibromialgia, in quanto senza di essa non è possibile ridare equilibrio e mobilità al sistema muscolo-scheletrico, ed in particolare alla sua componente più colpita, ovvero quella fasciale e connettivale (come descritto in precedenza); di conseguenza non sarà possibile lavorare per una rieducazione e un successivo rinforzo muscolare. Ci teniamo a sottolineare come questi due passaggi siano collegati, in quanto senza un programma di fisioterapia mirato a riequilibrare il sistema fasciale/connettivale, la successiva fase di rieducazione e rinforzo muscolare risulta nella maggior parte dei casi inefficace, trasformandosi in affaticamento e traumi muscolari che possono solo peggiorare la situazione. Inoltre, è importante sottolineare come la fase di rieducazione e rinforzo muscolare sia importante, perché senza di essa anche gli sforzi più leggeri possono essere percepiti dalla persona come eccessivamente faticosi e traumatici.
Grazie alla nostra esperienza, abbiamo capito che per alcuni pazienti in particolare, ovvero coloro che ricollegano la comparsa dei sintomi della fibromialgia ad un precedente trauma fisico, la fisioterapia non porta solo ad un miglioramento, ma piuttosto ad una svolta netta della patologia stessa. In questi casi infatti, l’alterazione del sistema muscolo scheletrico è molto probabilmente dominante rispetto alle altre, e proprio per questo il trattamento fisioterapico risulta così efficace.
In ultimo ma non per importanza, ci teniamo a sottolineare che con “fisioterapia” non intendiamo il generico lavoro di un fisioterapista, ma prendiamo in considerazione solo ed esclusivamente l’operato di un fisioterapista esperto nel trattamento della fibromialgia e delle malattie reumatiche, in quanto le tecniche, i ritmi di lavoro (quindi intensità, durata e frequenza delle sedute), la tipologia di rieducazione motoria e il conseguente programma di rinforzo muscolare sono molto differenti da quelli di un paziente con una normale alterazione del sistema muscolo-scheletrico.
Il fisioterapista esperto nella riabilitazione delle patologie reumatiche, oltre ad una preparazione specifica, è necessario abbia la sensibilità e la capacità di connettersi con il paziente, sia a livello fisico sia a livello emotivo. Questo perché, in disturbi complessi come la fibromialgia, il sintomo fisico può talvolta essere espressione di un blocco emotivo, così come precederlo o rinforzarlo. In quest’ottica, il fisioterapista deve quindi prima di tutto saper ascoltare e comprendere profondamente il paziente e successivamente scegliere l’approccio più adatto per lui, con l’obiettivo di accompagnarlo nel percorso terapeutico, con pazienza e senza forzare i tempi.
Con questo articolo speriamo di esservi stati d’aiuto e che l’argomento vi risulti ora più chiaro.
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