Frattura omero tempi di recupero – abbiamo sintetizzato in modo SEMPLICE E COMPLETO il percorso di guarigione di una frattura dell’omero – Studio TrattaMIX
In questo articolo “Frattura omero tempi di recupero – GUIDA per la guarigione” vi parleremo del percorso terapeutico che affrontiamo quotidianamente con i pazienti che scelgono di rivolgersi a noi in studio a seguito di una frattura dell’omero.
Queste informazioni vi saranno utili per analizzare la vostra situazione clinica e per rispondere a una domanda che quasi sicuramente vi starete ponendo: quanto tempo impiegherò per guarire?
Cominciamo dicendo che nella categoria “frattura dell’omero” è racchiusa un’ampia gamma di situazioni cliniche. In particolare, una frattura omerale può essere:
- Epifisaria o Diafisaria, a seconda rispettivamente che riguardi le estremità dell’osso o la sua parte centrale;
- Completa o Incompleta, a seconda che interessi tutta la struttura dell’osso o solamente una sua parte;
- Composta o Scomposta, a seconda rispettivamente che NON vi siano o vi siano frammenti ossei che migrano dalla loro sede anatomica di origine.
A seguito di questa (parziale) classificazione, è facile comprendere perché anche gli interventi terapeutici differiscano tra loro: talvolta è sufficiente mantenere l’arto fermo con un tutore per un determinato periodo di tempo, altre volte è necessaria una stabilizzazione chirurgica con placche, viti o chiodi.
Date queste informazioni, ci teniamo a sottolineare che questo articolo viene scritto da fisioterapisti, i quali si occupano in specifico di prendersi cura della persona traumatizzata allo scopo di reintegrare completamente l’arto nelle attività di vita quotidiana, senza dolore e con la completa libertà di movimento.
Ciò significa anche che la classificazione scritta sopra ci interessa relativamente quando lavoriamo con un paziente, non perché non sia importante, ma perché il nostro lavoro si basa sul recupero completo dal trauma: quest’ultimo è influenzato in parte dalla tipologia di frattura, ma in realtà è maggiormente influenzato dalla situazione clinica precedente al trauma e soprattutto dalle strutture adiacenti che sono state coinvolte nella frattura.
Chiariamo quanto detto finora con un semplice esempio.
Se voi foste un paziente che si rivolge al nostro studio per la riabilitazione post frattura dell’omero, in valutazione, ancor prima di cominciare la parte manuale, vi verrebbero poste alcune domande.
Queste domande, unite alla nostra osservazione, ci servono per capire non tanto che tipo di frattura avete avuto, ma ad esempio per sapere come stava il vostro sistema muscolo-scheletrico prima del trauma, se i muscoli lavoravano in modo efficiente per stabilizzare la spalla, qual era il vostro grado di salute ecc. Tutte queste informazioni sono fondamentali per un fisioterapista che sta cercando di capire immediatamente come potrà proseguire un eventuale percorso riabilitativo.
A questo punto vi starete chiedendo: come può la tipologia di frattura non essere così importante?
La risposta è semplice. Vi basti pensare che una domanda che ci poniamo durante la valutazione di una persona è la seguente: il trauma che ci sta raccontando giustifica la frattura? E vi possiamo garantire che la risposta non è sempre affermativa.
Molto spesso infatti capita che traumi lievi provochino fratture importanti dal punto di vista radiografico o fratture lievi ma accompagnate da sintomi molto evidenti: in questi casi si può dedurre che il corpo della persona si trovasse già in difficoltà prima dell’evento traumatico e che l’energia meccanica provocata da quest’ultimo abbia creato più danni del previsto.
Ci teniamo a sottolineare che per corpo non intendiamo solo l’osso che subisce la frattura, ma tutto l’insieme di strutture muscolari, articolari, legamentose, fasciali che formano il sistema muscolo-scheletrico. E non solo, perché potenzialmente in un trauma vengono interessate anche le strutture più viscerali, quali organi, vasi sanguigni e nervi, sia al momento dell’impatto, sia in un momento successivo, quando si trovano a dover far fronte ad una condizione di infiammazione portando sangue e sostanze nutritive sull’area traumatizzata e, al tempo stesso, eliminando i prodotti chimici e tossici derivanti dallo stato di flogosi.
Arrivati fino a qui è comprensibile che vi sentiate un po’ persi.
Questo accade perché stiamo inserendo molte variabili oltre alla semplice frattura dell’osso. Al tempo stesso però, possiamo garantirvi che concentrarsi su tutto ciò che ci sta intorno è la chiave per ottenere il miglior recupero possibile da questa tipologia di problematica.
Prendiamo come esempio il sistema muscolare, il cui uno dei compiti è proteggere il sistema articolare e scheletrico del corpo.
Su una persona con un sistema muscolare molto forte, ovvero con dei muscoli tonici e trofici, il trauma avrà un impatto decisamente minore in quanto il sistema muscolo-scheletrico riuscirà ad ammortizzare molto efficacemente l’urto senza potenzialmente riuscire a danneggiare l’osso. L’esatto contrario accadrà su una persona con un sistema muscolare debole.
Capite quindi che lo stato in cui si trova il corpo del paziente prima del trauma è un elemento chiave per tutto il percorso terapeutico: essendo vero che ogni frattura, per quanto lieve, ha delle conseguenze sia sull’osso interessato sia su tutti i diversi tessuti circostanti (e non solo), allora diventa fondamentale avere un corpo sano, tonico e forte perché questo significa riuscire a sostenere meglio il trauma, contenendone i danni per guarire più velocemente.
Ritorniamo per un attimo al sistema muscolare: conseguentemente al trauma perderà trofismo (forma) e risulterà meno reattivo, causando un rallentamento di risposta agli stimoli esterni. Ciò significa che i movimenti della persona saranno meno fluidi e che tutte le attività di vita quotidiana risulteranno più faticose se non addirittura traumatiche per le articolazioni e i tessuti fasciali circostanti: questo provocherà dolore che a sua volta influirà negativamente sulla funzionalità muscolare, peggiorando la situazione generale.
L’entità di questi danni sarà ovviamente proporzionale alla situazione iniziale: a maggior benessere del sistema muscolare corrisponderà una minore perdita di tono, funzionalità e controllo, la quale si tradurrà in un recupero più veloce e in una minore probabilità di ricadute in futuro.
Ricapitoliamo quindi quanto detto finora: concentrarsi in modo specifico sulla tipologia di frattura non sarà utile ai fini riabilitativi, non perché non rappresenti un dato importante, ma perché i tempi e l’entità del recupero dipenderanno in gran parte dallo stato di salute in cui si trova il corpo della persona pre e post trauma. In altri termini, i tempi di calcificazione della frattura saranno in ogni caso sempre gli stessi (tra 30 e 45 giorni circa), ma questo dato non potrà in alcun modo essere preso come tempistica di guarigione COMPLETA dal trauma, in quanto indica solo la guarigione radiografica dell’osso. Per effettuare un percorso terapeutico completo, ottenere il miglior recupero possibile ed evitare ricadute future, si dovrà prendere in considerazione l’intero sistema muscolo-scheletrico della persona.
In che modo? Lo spiegheremo nei prossimi paragrafi.
IL NOSTRO PERCORSO TERAPEUTICO
In questo paragrafo vogliamo parlarvi di come lavoriamo, al fine di permettere alle persone che si trovano in zona Udine di capire se il nostro percorso terapeutico potrebbe fare al caso loro e ai lettori che provengono da altre parti d’Italia di acquisire informazioni utili per capire quale potrebbe essere un modo corretto ed efficace di trattare una frattura dell’omero.
Per chiarezza, suddivideremo questo paragrafo in tre parti:
- Trattamento specifico dell’area fratturata;
- Trattamento dell’arto superiore;
- Trattamento generale del corpo.
Trattamento specifico dell’area fratturata
Qui bisogna distinguere i casi in cui la frattura è stata solo stabilizzata da un tutore esterno dai casi in cui c’è stato un intervento chirurgico con placche, viti e/o chiodi.
- Nel caso di intervento chirurgico, sarà indispensabile trattare tutte le zone in cui si trovano cicatrici. Con questo non intendiamo il semplice massaggio di superficie delle cicatrici che può essere effettuato anche dal paziente stesso con l’aiuto di una crema specifica, ma il trattamento manuale dei tessuti superficiali e profondi che sono stati interessati dal lavoro del chirurgo.
- Anche nel caso invece della stabilizzazione con tutore, in realtà il discorso è lo stesso: il trattamento dei tessuti superficiali e profondi che circondano l’area della frattura è fondamentale, in quanto essi vengono sempre e comunque interessati a seguito di un trauma, ed in particolare perdono la loro elasticità, si irrigidiscono, si infiammano ecc. Per questo, il trattamento manuale, che spieghiamo in modo approfondito in questo articolo, unito al trattamento strumentale, che nel nostro studio effettuiamo grazie all’utilizzo del Laser, andranno sempre effettuati se lo scopo è quello di guarire in modo completo e duraturo.
Trattamento dell’arto superiore
L’evento traumatico che ha provocato la frattura, indipendentemente dalla sua gravità, avrà generato una trasmissione di energia meccanica a tutte le articolazioni adiacenti all’omero.
Ciò significa che sarà fondamentale trattare l’intero arto superiore, il quale è composto da molte articolazioni che ne coadiuvano i movimenti: pensate alla clavicola che si articola con la scapola posteriormente e con lo sterno anteriormente; pensate al gomito, al polso e alla mano.
Se lo scopo è ottenere una guarigione completa, sarà necessario trattare tutte queste articolazioni, in modo tale da recuperare l’elasticità dei tessuti e di conseguenza la libertà di effettuare tutti i movimenti correttamente e di poter in futuro rinforzare i muscoli collegati a tutte queste strutture.
Abbiamo parlato di rigidità conseguenti al trauma, ma ricordiamo che le articolazioni adiacenti possono trovarsi in difficoltà già prima dell’evento traumatico: pensate ad una persona che in passato ha subito un trauma al polso nel medesimo braccio della frattura omerale e non ha effettuato trattamenti specifici; quel polso sarà quasi sicuramente rigido e limitato nel movimento, così come l’avambraccio e forse anche il gomito. Queste rigidità, se non individuate, potrebbero influire sul percorso di guarigione dalla frattura, rallentandone i risultati.
Per questo è importante raccogliere più informazioni possibili sulla storia clinica del paziente e preoccuparsi di tutto il suo corpo, a prescindere dal trauma specifico per cui si presenta in studio.
Trattamento di tutto il corpo
Ci ripetiamo ancora una volta dicendo che il discorso appena concluso riguardante il trattamento dell’intero arto superiore può essere esteso a tutto il corpo della persona: il braccio è connesso allo sterno attraverso la scapola prima e la clavicola poi, così come lo sterno fa parte della gabbia toracica, a sua volta la gabbia toracica integra la colonna vertebrale, e la colonna vertebrale è connessa al bacino ecc.
Sostanzialmente tutto il corpo deve stare bene e dev’essere in grado di arrivare alla fase finale del percorso terapeutico, (ovvero alla parte di riabilitazione motoria e rinforzo muscolare), privo di aree rigide e completamente libero di muoversi correttamente.
E non pensate solo all’allenamento di spalle, bicipiti, schiena: anche i muscoli profondi come ad esempio quelli che ci permettono di respirare, ovvero il diaframma, i muscoli intercostali ecc, devono essere liberi; i muscoli dell’addome e del pavimento pelvico che sostengono tutte le nostre posture quotidiane; i muscoli delle gambe che ci permettono di camminare.
Pensate a quanto spesso, a seguito di un trauma all’arto superiore, anche i muscoli del collo vengano interessati dal dolore: questo accade perché le strutture fasciali e muscolari sono strettamente interconnesse tra loro. Quindi ad esempio, a seguito di un dolore al braccio, la persona assume posture di “protezione”, andando a stressare i muscoli del collo che, nel tempo, si irrigidiscono e diventano a loro volta dolenti.
Riassumendo quindi, tutto il sistema muscolo-scheletrico può essere traumatizzato a seguito di una frattura in una qualsiasi parte del corpo, così come le conseguenze della frattura (il dolore, l’infiammazione, il periodo di immobilità ecc) possono amplificare rigidità già presenti a causa di traumi passati.
Per questo, un percorso completo di terapia manuale e terapia strumentale è l’unico modo per ottenere una guarigione completa e per presentarsi pronti alla fase di allenamento motorio, fondamentale per mantenere uno stato di salute e benessere duraturo nel tempo.
TEMPI DI RECUPERO
In quest’ultima parte dell’articolo parleremo dei tempi di recupero necessari per ottenere la completa guarigione da una frattura dell’omero.
Come detto in precedenza, bisogna prendere in considerazione molte variabili quando si parla delle tempistiche di un percorso terapeutico.
Se consideriamo solo la parte di terapia manuale nel modo descritto finora, ovvero non trattando solo il punto interessato dalla frattura ma l’intero corpo della persona, possiamo dire che in media ci vorranno sei sedute, ovvero circa un mese e mezzo di lavoro se pensiamo a delle sedute settimanali (come solitamente programmiamo da noi in studio). Ovviamente, queste sei sedute vengono stimate su un caso ideale, ovvero su una persona che non ha dovuto subire un intervento chirurgico a causa della frattura e che si trovava in un ottimo stato di salute prima del trauma.
Il discorso cambia nel caso di una persona che già prima del trauma presentava un arto superiore in difficoltà, ad esempio per un evento traumatico precedente al gomito o al polso, e/o che ha dovuto subire un intervento chirurgico per stabilizzare la frattura.
In questi casi diventa complicato fare una stima delle sedute necessarie per raggiungere l’obiettivo di guarigione, anche perché un altro dato da tenere in considerazione è il momento in cui il paziente si presenta dal fisioterapista (subito dopo l’intervento, dopo aver tolto i punti, dopo mesi…), in quanto ogni giorno di immobilità post trauma influisce sullo stato di rigidità dei tessuti circostanti la frattura e sulla gravità delle posture compensative sviluppate dalla persona per proteggersi dal dolore.
Finora abbiamo considerato solo la parte di terapia manuale, ma non bisogna dimenticare che un percorso terapeutico completo comprende anche la parte di riabilitazione motoria: essa sarà fondamentale sia per le persone che prima del trauma presentavano un sistema muscolare forte e tonico, sia in modo particolare per le persone con un sistema muscolare debole e in difficoltà.
La fase di allenamento è indispensabile non solo per la reintegrazione dell’arto superiore in tutte le attività della vita quotidiana, ma anche e soprattutto per migliorare il controllo motorio globale e la stabilizzazione di tutte le articolazioni in risposta agli stimoli esterni che il corpo riceve nel corso della giornata.
Rispetto alle tempistiche di questa fase, non si può fare una stima, anche perché, in ogni caso, anche dopo la prima fase di allenamento specifico, è consigliato trovare un’attività fisica da mantenere nel tempo e da integrare nelle attività della vita quotidiana.
Concludiamo infine con l’ultimo tassello del percorso terapeutico perfetto: i controlli periodici.
Vi potrà sembrare strano ma, una volta conclusa la parte “acuta” di terapia manuale e una volta impostato un piano di allenamento motorio, l’ultimo punto che non si può escludere è quello relativo ai controlli.
Sosteniamo questo per un motivo molto semplice: il nostro corpo, nel corso del tempo, si modifica. E tutte queste modifiche sono il risultato del suo adattamento ai traumi che costituiscono la nostra storia clinica, allo stress a cui siamo sottoposti quotidianamente, alle nostre abitudini e agli altri possibili stimoli esterni che riceviamo occasionalmente.
Ciò significa che, inevitabilmente, con il passare delle settimane, dei mesi, degli anni, alcune parti del nostro corpo torneranno ad irrigidirsi.
Le visite periodiche permettono semplicemente di mantenere sotto controllo la situazione, prevenendo la possibile insorgenza di dolore o altri sintomi futuri e permettendoci di vivere nel migliore stato di salute possibile. frattura omero tempi di recupero